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al testo di Amina Narimi
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sui capezzoli, uno dopo l'altro il punto dove andrà inciso il carattere del luogo la grazia, uno spazio di rifugio dov'è più lucida la pelle dei miei alberi-
ti prendo il polso dove sgoccioli nel cedro- come alla febbre, nella pancia metto ciò che sono, e chi mi nutre di slogature e cervi nudi, di povertà, metto il rumore che si alza dalla gola e il sangue, in un lago di neve sprofondo il petto nella tua corteccia carica di tane. -Ascolto: se l'inferno è ricordare che resiste che fa male il compito di dimenticare. claudico e amo di una speranza disumana
la fede mi tocca fino a sentire che parla- come al buio quando sapevo i lineamenti di mia madre
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